Formaggi di qualità, caratteristici della tradizione alpina, piatti a base di selvaggina, una ricca scelta di insaccati tipici, primi piatti gustosi e naturalmente l’immancabile polenta bergamasca, tra le sue mille varianti. La cultura della Polenta, oggi fortunatamente rivalutata, è riscontrabile in ogni parte d’Italia.
Del resto esiste una vera e propria cultura della Polenta, oggi totalmente rivalutata.
Questo cibo ci rimanda alle nostre antichissime origini contadine e quindi al nostro passato, infatti se vogliamo mangiare una Polenta (come si deve) è necessario usare gli stessi rituali di un tempo e gli stessi arnesi.
Questo permetteva loro di non ammalarsi come succedeva invece ai nostri antenati di pellagra. La malattia colpiva principalmente le popolazioni montane che consumavano tale cibo quotidianamente senza l’apporto di altri elementi ed esempio vitamine indispensabili ad una dieta equilibrata.
I montanari delle Valli di Lanzo arricchivano la Polenta con Mirtilli e Susine. Nelle Valli Piemontesi la Polenta veniva servita assieme ad un misto tra acetosella (foglie), burro e tuorlo d’uovo. Ogni regione del Nord ha le proprie ricette e si ricorda come, nel 1632, gli abitanti di Gandino (BG) corsero a vedere nei campi una curiosa pianta di Granoturco mai vista prima.
Nel 1638 a Lovere (BG) accadde la medesima cosa. La Polenta divenne poi l’alimentazione dei montanari e dei contadini delle pianure, che nei secoli inventarono numerose ricette: la farina di mais infatti viene ancora impiegata per cuocere minestre o dolci come la Torta Sbrisolona di Mantova e i Biciolani di Vercelli.
C’era anche una volta la Polenta Fritta cosparsa di burro e zucchero che faceva la felicità dei bambini (pane giallo). In Lombardia nel mese dei morti per accompagnare la rituale minestra di Cotiche e Ceci. In Trentino la farina è grossa e mista alla saracena che si usa invece in Valtellina (Taragna), nel Polesine e nel Delta del po’ si usa il granoturco bianco (farina bianca) che cresce li.
Purtroppo il paiolo attaccato alla catena del camino va scomparendo, è sufficiente usare una ramaiola, una spatola di legno ed il classico “olio di gomito” per rimestare con forza e costanza quel piccolo SOLE RIDENTE.
Per preparare la polenta iniziate mettendo su fuoco vivo una pentola con l’acqua salata e portatela ad ebollizione.
Aggiungete quindi un cucchiaio raso di sale grosso, 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva e la la farina gialla un po’ alla volta, molto lentamente per non provocare la formazione di quei fastidiosi grumetti chiamati in gergo tecnico “fraticelli”, e iniziate a mescolare il tutto con un bel mestolo di legno.
Continuate a mescolare sempre nello stesso verso, miscelando lo strato più profondo con quello più superficiale fino ad amalgamare il composto per bene.
Dopo circa 40 minuti, durante i quali voi avrete continuato a girare imperterriti la polenta, questa inizia a staccarsi dai bordi della pentola ed in teoria potrebbe già essere servita in tavola ma, la polenta più si cuoce più viene buona quindi continuate la cottura per altri 20 minuti.
Terminata la cottura, la polenta si versa sul tradizionale tagliere in legno e si porta in tavola calda, già tagliata a fette.
Questo piatto si presta particolarmente bene ad essere accompagnato o accompagnare carni, verdure, pesce e sughetti vari, tutti frutto della fantasia popolare.
Per preparare la vera polenta, oltre agli ingredienti genuini, bisognerebbe avere anche la strumentazione adatta: gli strumenti più importanti sono sicuramente il paiolo che, secondo la tradizione, deve essere assolutamente di rame ed il tradizionale mestolo per girare la polenta chiamato “mescola”.
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