Questa moderna funzione di biotecnologia permetterebbe ai neuroni sintetici, se inseriti nel corpo umano, di consentire la ricostruzione di nervi e tessuti.
In futuro la tecnica potrebbe anche eliminare la sperimentazione su animali, potendosi testare nuove medicine sui chip invece che su organismi viventi.
Alla University of Stanford è invece in corso un progetto ambizioso per riprodurre la corteccia cerebrale su silicio.
La “corteccia elettronica” potrebbe aiutare gli scienziati a comprendere come le parti più recentemente evolute del cervello riescono nelle loro più complesse performance computeristiche, in modo da riconoscere il linguaggio, le facce ecc..
“Il cervello umano riesce a svolgere, senza alcuno sforzo, compiti che neanche le più potenti e sofisticate macchine digitali riescono a svolgere”, dice Rodney Douglas, professore all’Institute of Neuroinformatics di Zurigo, “un modo per esplorare queste potenzialità è quello di sviluppare hardware che vadano nella stessa direzione”.
I neuroni comunicano tra loro attraverso una serie di impulsi elettrici; i segnali chimici modificano le proprietà elettriche di ogni singola cellula, che, a turno, inducono un cambiamento elettrico nel successivo nerone nel circuito.
Negli anni Ottanta, Carver Mead, un pioniere della biotecnologia micro-elettronica al California Institute of Technology, realizzò che gli stessi transistors usati per i chip dei computers potevano essere usati per costruire circuiti che imitassero le proprietà elettriche dei neuroni.
Da allora, scienziati ed ingegneri usano questi neuro-transistors per costruire circuiti neurali sempre più complicati, modellando la retina, la coclea (la parte interiore dell’orecchio che traduce le onde sonore in segnali neurali) e l’ippocampo (parte del cervello cruciale per la memoria).
Questo processo viene chiamato “neuromorphing“.
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